di Valentino Sgaramella
BARI – Un hotel a 5 stelle. Camerette arredate con carta da parati. Alcune anche con tv e parquet. Impianti di filodiffusione nelle camerette. E sale dedicate alla toilette. Finestre con infissi a taglio termico. Caldo in inverno e fresco d’estate. Le stanzette ed i box sono coibentati ,ventilati o riscaldati. «Cerchiamo di offrire il massimo comfort all’ospite» dice Almo Bibolotti. Ex ufficiale dell’arma dei Carabinieri, attualmente è promotore finanziario ed assicuratore. Ma ha un hobby che si è trasformato in attività imprenditoriale: un hotel per cani abbandonati o randagi. Un albergo di lusso, al quartiere Picone, a Bari. «Qui, – dice Bibolotti – sono ospitati circa 50 cani». A pieno regime, questa struttura può contenere un centinaio di esemplari. Ma è meglio evitare il sovraffollamento.
Come nasce la passione per questa attività? «La svolta l’ho avuta conoscendo la mia attuale moglie», che è Giovanna Ranieri, titolare dell’hotel. «Lei ha da sempre una passione per cani e cavalli. Il suo sogno nel cassetto era quello di incontrare una persona che potesse condividere queste sue passioni. Spesso il padrone di un cane non sa a chi affidare il proprio animale quando parte in vacanza. E poi c’è l’ormai atavico problema del randagismo. Ci sono persone che hanno la sensibilità di adottare un cane trovatello. Non riescono a tenerlo in casa, perché hanno già un altro cane. Ci chiedono uno stallo», racconta Bibolotti. C’è anche la possibilità di un vitalizio: «ad un prezzo simbolico», precisano. Ovviamente, «il pernottamento di un cane per una decina di giorni ha un costo inferiore rispetto allo stallo vitalizio».
Hanno scavato una nicchia imprenditoriale nel settore. «A Bari non c’è una struttura idonea a fornire garanzie in termini di affetto per l’animale».
Di che cosa ha bisogno un animale? Di tranquillità. Di uno spazio in cui correre, ogni tanto. Mangiare. Dormire. Ed essere curato, quando si ammala. «Prima di venire qui – dicono i titolari – il cane viveva in appartamento, disteso su un divano. Occorre ricreare lo stesso ambiente». Continua Almo: «I cani possono stare all’aria aperta e distrarsi. Oppure li teniamo a sgambettare nel campo in erba o in sabbia». E precisa: «Lo sgambettamento serve come ginnastica funzionale. Si effettua almeno 3 volte al giorno per mezz’ora circa ogni volta. Qui abbiamo campi in sabbia ed in erba».
Non tutti i cani vivono in ambienti domestici. Qualcuno è abituato a vivere in villa. «In tal caso, si sceglierà un ambiente non rifinito come una cameretta. Magari sarà un box al coperto, riscaldato».
Non un giorno di vacanza. I due coniugi 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno garantiscono efficienza massima. Giovanna dorme in una camera da letto con una finestra direttamente collegata ai box e le stanze, distanti 5 metri. «Se di notte ascolto piangere qualche cane, mi alzo. Controllo la situazione. Vado a vedere. Lo rassicuro. E lo faccio davvero con amore. Nel momento in cui il cane entra nella mia struttura divento la mamma del cane», dice Giovanna. Aggiunge Bibolotti: «Guadagniamo qualcosa dal dog’s hotel con cui riusciamo a mantenere questi 50 cani».
Giovanna era consulente di sistemi di qualità e certificati Iso. «Abbiamo viaggiato. Le strutture sono diverse all’estero».
Quello che incide maggiormente sono le spese veterinarie. «Curare una banalissima gastro-enterite o vomito di un animale costa non meno di 300 euro». L’animale va ricoverato. Bisogna effettuare delle radiografie. Occorre infatti verificare che non siano stati ingeriti dei corpi estranei. E poi, i prelievi di campioni ematici. «Se il cane sta poco bene, c’è una clinica veterinaria privata a due passi con un pronto soccorso. Siamo convenzionati», spiega Giovanna. Spesso, i clienti tornano per riprendere i propri cani. «Notiamo che gli animali non vogliono più andare via oppure quando tornano riconoscono la strada». Dice Almo: «Sono importanti la carezza, la dolcezza, la spazzolata, la coccola, la parola in più, il controllo anche in ore notturne».
Un particolare importante. Due dipendenti a libro paga, Inder Singh e Tanjiar Singh , nazionalità indiana. Inder era clandestino, lavorava a nero sulla Murgia, per 8 anni in una stalla, lontano dalla famiglia. Non parlava italiano e viveva in condizioni igieniche precarie. «Eravamo alla ricerca di personale. L’abbiamo conosciuto. Abbiamo preso a cuore la sua storia. Abbiamo favorito il ricongiungimento con sua moglie ed i figli», dice Almo.
Una piccola questione desta preoccupazione nei titolari. Un contenzioso con il Comune di Bari. ll Prg considera questa area una fascia di rispetto per gli assi stradali. Su questi terreni dovrebbe passare un asse stradale, la terza mediana bis. Una bretella che dallo svincolo autostradale si porterà, come da progetto, al rione Japigia. «Presentiamo in questi giorni un nuovo ricorso al Tar». E conclude: «Quest’area è destinata a verde come definito nel piano Quaroni».
Fonte: Gazzetta del Mezzogiorno – 28 Marzo 2013